Home > Approfondimenti > I fondi di solidarietà dopo il Jobs Act
Ampliare la platea dei lavoratori beneficiari di integrazioni del reddito in costanza di rapporto di lavoro anche a chi è occupato presso datori di lavoro non rientranti nel campo di applicazione della CIGO/CIGS. E’ questo uno degli obiettivi perseguiti dalla riforma Fornero e dal Jobs Act subito dopo. L’altro, renderlo economicamente sostenibile attraverso un finanziamento corrente e addizionale a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori, liberando la fiscalità generale da un pesante fardello. Il sistema disegnato dal Legislatore si articola su tre pilastri tra loro alternativi:
- i fondi di solidarietà bilaterali (FSB);
- i fondi di solidarietà alternativi (FSA);
- il fondo di integrazione salariale (FIS) che dal 1° gennaio scorso ha sostituito il fondo di solidarietà residuale introdotto dalla riforma Fornero.
Seppur differenti tra loro, tutte e tre le tipologie di fondi di solidarietà estendono la tutela integrativa del reddito in costanza di rapporto di lavoro anche a chi presta la propria attività presso datori di lavoro che occupano mediamente più di cinque dipendenti (più di quindici fino al 31 dicembre scorso per effetto della riforma Fornero).
I fondi di solidarietà bilaterale nascono su iniziativa delle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative a livello nazionale, vengono istituiti con decreto concertato Lavoro e Finanze e, per espressa previsione legislativa, rappresentano gestioni INPS. La loro costituzione è obbligatoria in tutti quei settori che non rientrano nel campo di applicazione della CIGO/CIGS ed in relazione ai datori di lavoro che occupano mediamente più di cinque dipendenti – incluso gli apprendisti, ma escluso i dirigenti – calcolati come media del semestre mobile precedente. Continua a leggere su gargano.pro
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